Ricci all'assemblea Anci: «Comuni protagonisti del cambiamento e delle riforme»

Ricci all'assemblea Anci: «Comuni protagonisti del cambiamento e delle riforme»

Il sindaco di Pesaro mostra cartina della provincia al Lingotto: cambiare criterio, Unioni per bacini omogenei non per aspetti demografici. Le Regioni? Da dimezzare

TORINO – «I sindaci vogliono essere protagonisti del cambiamento. E' sempre stato così storicamente, lo sarà anche in futuro. Giocheremo all'attacco, aiutando governo e parlamento a completare il processo di riforma». Matteo Ricci parte così al Lingotto, aprendo la seconda giornata della XXXII assemblea annuale dei Comuni italiani, in corso a Torino. «Bene il cambio di passo sulla legge di stabilità che riduce la pressione fiscale e rilancia gli investimenti. Soddisfatti sullo svincolo dal patto di stabilità per i Comuni virtuosi che hanno risorse da spendere: anche così si consolida la ripresa». Sul Senato delle Autonomie: «Finalmente dopo decenni di discussioni si mette fine al bicameralismo perfetto e al rimpallo tra Camere, semplificando e velocizzando il sistema legislativo e istituzionale». Con la sottolineatura: «L'idea iniziale sulla composizione, con i sindaci delle città capoluogo e i presidenti delle Regioni, avrebbe assicurato maggiore rappresentatività alle autonomie, evitando mesi di discussione sull'elettività del Senato. Adesso la proporzione si è spostata troppo sulle Regioni: è bizzarro che i 21 sindaci previsti siano scelti dai consiglieri regionali. Condividiamo la riforma, ma sulla rappresentanza la nostra posizione resta un'altra». Sindaco di Pesaro che si dice «favorevole» alla nuova legge elettorale: «Riprende aspetti importanti della legge elettorale dei Comuni. Che è quella che in questi anni ha funzionato meglio». Ma avverte: «La preoccupazione principale resta la fase di transizione legata allo svuotamento delle Province».

Assetti. Ci sono allora due tasselli da mettere ancora nel puzzle delle riforme: «Il primo riguarda i Comuni, il secondo le Regioni». Con ordine: «A maggior ragione con lo svuotamento delle Province, se non vogliamo indebolire la governance dei territori è necessario rafforzare i Comuni, aiutandoli a mettersi insieme. E' un bisogno che non riguarda solo i piccoli Comuni ma tutte le realtà italiane». Indica il paradigma, mostrando al Lingotto la cartina della provincia di Pesaro e Urbino: «La nostra prima proposta è il cambiamento del criterio. L'obbligatorietà di mettersi insieme non può legarsi all'elemento demografico. Il riferimento deve essere il bacino omogeneo. Noi diciamo di sospendere il termine del 31 dicembre per la gestione associata che riguarda i piccoli Comuni (fino a 5mila abitanti, 3mila se facenti parte delle Comunità montane, ndr) . Ma non per non fare nulla. Semplicemente per fissare subito un nuovo termine, entro il quale definire i bacini omogenei, presenti in ogni territorio per motivi socio-economici, morfologici». Quindi: «L'associazionismo dei servizi va fatto per bacini omogenei. Diamo tempo per dare alle aree vaste, cioè ai sindaci, la possibilità di definire in pochi mesi i bacini omogenei del territorio provinciale. Non lo si fa poi entro quella data? Decideranno le Regioni. Ma se non impostiamo la questione così, si fanno aggregazioni senza produrre efficienza».

Disegno. L'esempio di Ricci: «Con la legge attuale, nella provincia di Pesaro e Urbino, si avrebbe uno spezzatino territorialmente incomprensibile. Con Comuni piccoli costretti ad associarsi anche se territorialmente non confinano. Sono scelte che nell'organizzazione dei servizi non avrebbero senso». Di contro, cambiando il criterio, «nella mia provincia ci sarebbero sette bacini omogenei, definiti dall'assemblea dei sindaci, per 59 Comuni. Quei bacini devono diventare Unioni dei Comuni. E dentro il bacino, i Comuni che volontariamente vogliono fondersi, tramite referendum, potranno farlo. E' un ridisegno della governance dei territori, organico e non estemporaneo, che aiuta i Comuni. Per questo serve una politica di incentivi molto forti: il parlamento deve crederci». Ancora: «Perché ogni piccolo Comune deve avere area industriale, area commerciale, scuole? Non si è mai ragionato in termini di area vasta sulle politiche urbanistiche. Ma ha ancora senso ancora che ogni Comune si faccia il piano regolatore per conto suo, a prescindere dal bacino omogeneo? Siamo gelosi dell'autonomia, ma se vogliamo essere protagonisti del cambiamento dobbiamo guardare in modo diverso alla gestione del territorio». Urgente, per il vicepresidente Anci, anche la riforma delle Regioni «per evitare dibattiti schizofrenici ed esercizi di 'risiko' sulle cartine. Apriamo un confronto serio: le Regioni vanno dimezzate, non solo ridotte. E' un problema di competitività, oltre che di risparmio. Quando sono nate le Regioni, in Italia, non c'era la globalizzazione né l'Europa che conosciamo. Dovevano fare le leggi e la pianificazione, non la gestione. Ma in questi anni è successo di tutto». Di qui, il monito: «Se non si interviene con la riforma, chiarendo la loro competenza, il centralismo statale sarà sostituito da quello regionale, contrariamente al principio di sussidiarietà».  

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