" Le dimissioni della dg Nadia Storti sono legate alla chiusura dell’Azienda Marche Nord, all'impossibilità di fare l'Atto Aziendale, alla carenza di personale e risorse ridotte".
Mantenere i reparti esistenti nei 4 presidi è impossibile. Le linee guida regionali chiedono alle aziende più efficienza ma con meno risorse a disposizione, tagli inevitabili”.
“Con la nuova organizzazione i nodi verranno al pettine e aumenteranno i costi dei medici privati a gettone e la privatizzazione dei servizi”.
"Le dimissioni della direttrice generale dell'AST 1 sono da ricondurre principalmente alla chiusura dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord, all'impossibilità di definire l'atto aziendale, alla carenza del personale e alla riduzione delle risorse assegnate.
"Ricordo, spiega Andrea Biancani, che ľatto aziendale dell’AST Pesaro Urbino, è il documento fondamentale per capire quali saranno i reparti e i servizi negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie provinciali.
Atto che doveva essere approvato a fine 2023, invece sono ancora in discussione le linee guida che i tecnici dovranno seguire per poterlo predisporre”.
“La Regione ad oggi non da nessuna certezza sui tempi di redazione e approvazione degli atti delle nuove aziende sanitarie, né tantomeno ha mai chiarito tramite quali criteri verrà fatta la razionalizzazione dei reparti, annunciata nelle linee guida.
L’Assessore, inoltre, ha più volte provato a negare i tagli, ma la Giunta, ha approvato una bozza delle linee guida per la stesura degli atti aziendali che parla chiarissimo: le risorse saranno meno e i Direttore delle AST dovranno far fronte ai costi aumentanti mediante le razionalizzazioni, evitando in particolare doppioni e ridondanze dei servizi offerti negli ospedali.
Nella nostra provincia questo vuol dire la possibile chiusura di reparti presenti in più di una delle strutture ospedaliere di Pesaro, Fano, Urbino e Pergola, che dopo la riforma del centrodestra sono diventati 4 presidi di un unico ospedale AST 1”.
“A fronte di una carenza di personale e ora di risorse, sarebbe stato necessario razionalizzare i servizi era prevedibile, tanto che la strategia per evitare di danneggiare la sanità territoriale delle aree interne era già stata definita dalla precedente Amministrazione regionale, ovvero la realizzazione di un grande ospedale tra Pesaro e Fano per razionalizzare evitando doppioni sulla costa.
La Regione, invece, prima ha cancellato il progetto del nuovo ospedale Pesaro-Fano da oltre 600 posti letto, approvando un ospedale più piccolo per la sola Pesaro non adatto ad accogliere ulteriori reparti, poi ha soppresso l’Azienda ospedaliera Marche Nord e l’ASUR, creando un’unica azienda, la AST, che ora gestisce le 4 strutture ospedaliere, in pratica un ospedale unico con 4 sedi, e tutte le altre strutture sanitarie territoriali. Infine, sta rimandando, da oltre un anno, la stesura dell’atto aziendale, per non dover decidere quali reparti e servizi chiudere e dove; continuando a raccontare ai cittadini che sarebbero riaperti tutti gli ospedali chiusi e che ognuno avrebbe avuto vicino casa ogni tipo di servizio, chiamando ancora “ospedali” strutture come quelle di Sassocorvaro, Fossombrone e Cagli che ospedali non sono, non avendo il Pronto Soccorso.
Promesse elettorali che dovranno fare i conti con la realtà quando finalmente si pubblicherà l’atto aziendale. Tanto che, a mio avviso, è ormai chiaro che l’approvazione di tale atto sarà fatta slittare fino a dopo le elezioni amministrative, per evitare che i cittadini si rendano conto che la Regione fino ad oggi ha raccontato una storia diversa dalla realtà e che dovrà ridurre, se non chiudere, diversi reparti e servizi nel territorio.
La Regione è già ben consapevole che si dovranno tagliare dei reparti, e per questo la Giunta sta rimandando il più possibile il momento della scelta e della chiarezza verso i cittadini.
Mantenere tutti gli attuali servizi è già oggi impossibile, e per non decidere dove e cosa chiudere, la Regione sta spendendo centinaia di migliaia di euro per pagare medici privati a gettone, dimostrando che per mantenere tutti i presidi promessi l’unica soluzione, prima o poi, sarà ricorrere alle privatizzazioni. Stanno emergendo sempre più chiaramente tutti i limiti della nuova organizzazione voluta dalla Regione”.
L'Atto aziendale – spiega Biancani - dovrà contenere un quadro concreto e certo, non solo di quanti e quali servizi verranno mantenuti, potenziati o eliminati, ma anche di dove verranno erogati e da quale e quanto personale e con quante risorse. In più occasioni, sia durante risposte alle interrogazioni, sia in incontri pubblici, dove si chiedevano chiarimenti su possibili spostamenti o soppressioni di servizi ospedalieri, la Regione ha evitato di rispondere, affermando che le risposte sarebbero state contenute negli atti aziendali. Un esempio è il caso del nuovo ospedale di Pesaro. La Regione ha affermato, in risposta ad una mia interrogazione in Aula e in un Consiglio comunale dedicato, che solo con l’atto aziendale si chiarirà quali reparti saranno mantenuti o potenziati a Pesaro e quali a Fano, essendo stati dichiarati entrambi ospedali di primo livello con specializzazioni di secondo. Lo stesso vale per i reparti di Urbino e Pergola”.
"Abbiamo più volte chiesto delucidazioni sul futuro di alcuni reparti importanti per l’ospedale di Pesaro: Servizi di Pediatria, Ostetricia e Ginecologia, Punto Nascita e Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura. Reparti attualmente presenti sia a Pesaro, sia a Fano, sia a Urbino e per i quali è presumibile, stando alle attuali linee guida, che occorrerà una razionalizzazione ma ancora non ci è stata data nessuna risposta.
Continuiamo ad attendere la pubblicazione dell’Atto aziendale, come tutto il personale e cittadini, che vivono da oltre un anno in un clima di disorientamento e incertezza. Problemi resi sempre più evidenti dall’allungarsi delle liste d’attesa che costringe i cittadini a rivolgersi al privato”.
"Alla luce di tutto questo la richiesta di prepensionamento da parte dell'attuale direttrice dell'azienda sanitaria territoriale 1 è più che comprensibile. Una professionista seria e preparata che, a circa un anno dalla sua nomina, non è stata messa nelle condizioni di lavorare con serenità".