24 serate di spettacolo, 8 titoli da ottobre 2024 ad aprile 2025 per FANOTEATRO – stagione della Fondazione Teatro della Fortuna realizzata con AMAT e con il contributo del Comune di Fano, Regione Marche e del MiC – che con rinnovato entusiasmo è pronto ad accogliere al Teatro della Fortuna un ricco cartellone declinato secondo le molteplici espressioni del mondo teatrale.
PROGRAMMA
venerdì, sabato, domenica
25, 26, 27 OTTOBRE
Vera produzione
DIN DON DOWN
con Paolo Ruffini e Compagnia Mayor Von Frinzius
regia Lamberto Giannini
venerdì, sabato, domenica
22, 23, 24 NOVEMBRE
Compagnie Hervé Koubi
LES NUITS BARBARES
ou les premiers matins du monde
coreografia Hervé Koubi
musiche Wolfgang Amadeus Mozart, Gabriel Fauré
Richard Wagner, musica tradizionale algerina
venerdì, sabato, domenica
13, 14, 15 DICEMBRE
Cardellino
Spoleto Festival dei Due Mondi / Teatro di Roma - Teatro Nazionale
CIARLATANI
testo e regia Pablo Remón
con Silvio Orlando
venerdì, sabato, domenica
3, 4, 5 GENNAIO
Teatro Stabile Torino - Teatro Nazionale
Teatro Stabile Bolzano
TSV Stabile del Veneto - Teatro Nazionale
COSE CHE SO ESSERE VERE
(Things I know to be true)
di Andrew Bovell
con Valerio Binasco, Giuliana De Sio
regia Valerio Binasco
venerdì, sabato, domenica
17, 18, 19 GENNAIO
La Pirandelliana
TRAPPOLA PER TOPI
di Agatha Christie
traduzione e adattamento Edoardo Erba
con Ettore Bassi
regia Giorgio Gallione
venerdì, sabato, domenica
14, 15, 16 FEBBRAIO
Virginy / L’isola Trovata
LA STRANA COPPIA
di Neil Simon
con Gianluca Guidi, Giampiero Ingrassia
regia Gianluca Guidi
venerdì, sabato, domenica
14, 15, 16 MARZO
Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale / Best Live
LO ZOO DI VETRO
di Tennessee Williams
con Mariangela D’Abbraccio
regia Pier Luigi Pizzi
venerdì, sabato, domenica
11, 12, 13 APRILE
Teatro Stabile di Bolzano / Teatro Carcano
Fondazione Teatro della Toscana / Marche Teatro / Teatro Nazionale di Genova
LA BUONA NOVELLA
di Fabrizio De André
con Neri Marcorè
drammaturgia e regia Giorgio Gallione
24 serate di spettacolo, 8 titoli da ottobre 2024 ad aprile 2025 per FANOTEATRO – stagione della Fondazione Teatro della Fortuna realizzata con AMAT e con il contributo del Comune di Fano, Regione Marche e del MiC – che con rinnovato entusiasmo è pronto ad accogliere al Teatro della Fortuna un ricco cartellone declinato secondo le molteplici espressioni del mondo teatrale.
Attore, regista, conduttore e autore poliedrico, dal carisma straordinario e dalla comicità irriverente, a Paolo Ruffini dal 25 al 27 ottobre il compito di inaugurare la stagione con il nuovo e imperdibile spettacolo Din Don Down. Un concentrato di spregiudicata ironia e brillante improvvisazione, in questo nuovo lavoro un happening comico, senza regole, che sovverte il senso più profondo di ciò che ostinatamente si definisce “normale”. Accanto a Ruffini in scena ci sono gli attori con disabilità della Compagnia Mayor Von Frinzius, accompagnati dalle note di Claudia Campolongo al pianoforte. Les nuits barbares, ou les premiers matins du monde dal 22 al 24 novembre è un’opera dedicata al tema dell'origine della cultura mediterranea, un lavoro definito dalla stampa internazionale “spettacolare, sublime, e superlativo”. Con questo spettacolo, il coreografo franco-algerino Hervé Koubi ha concepito un gioiello che unisce la potenza ipnotica della parata da guerra e la precisione del balletto classico, portando agli occhi del pubblico ciò che di più affascinante c’è nell’incontro fra culture e religioni. Hervé Koubi riscrive, con il linguaggio della danza, una storia millenaria portando sul palco la paura ancestrale dello straniero, dell’altro da sé, per rivelare infine la raffinatezza delle culture “barbare”. Il drammaturgo e regista spagnolo Pablo Remón, già celebrato in patria con il Premio Nacional de Literatura Dramàtica e il Premio Lope de Vega per il Teatro, porta in scena dal 13 al 15 dicembre la sua esilarante commedia Ciarlatani affidandosi al talento di Silvio Orlando, nel ruolo del protagonista. Tradotta dal drammaturgo Davide Carnevali, questa è una pièce in dieci capitoli per quattro attori, che viaggiano attraverso decine di personaggi, spazi e tempi, per dare vita ad una satira sul mondo del teatro e del cinema, ma anche a una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che ricopriamo. Valerio Binasco e Giuliana De Sio dal 3 al 5 gennaio sono i due principali protagonisti di Cose che so essere vere (Things I know to be true), un toccante, divertente e coraggioso dramma che ruota intorno alla storia di una famiglia e di un matrimonio, nel primo allestimento italiano del potente testo di Andrew Bovell per la regia di Valerio Binasco. FANOTEATRO prosegue dal 17 al 19 gennaio con Ettore Bassi e Trappola per topi, regia di Giorgio Gallione. Il 25 novembre 1952 all’Ambassadors Theatre di Londra andava in scena per la prima volta il lavoro di Agatha Christie e da allora, per 70 anni ininterrottamente, il sipario si è alzato su questa commedia “gialla” senza tempo e di straordinaria efficacia scenica. La strana coppia con Gianluca Guidi, che firma anche la regia, e Giampiero Ingrassia dal 14 al 16 febbraio è una commedia singolarissima e particolarmente attuale, un esempio di come Neil Simon, il più geniale e prolifico autore del teatro comico della seconda metà del ‘900, riesca sempre a trovare quel pizzico di simpatica follia nella vita di tutti i giorni. Capolavoro assoluto della drammaturgia americana firmata Tennesse Williams, Lo zoo di vetro arriva in scena a Fano dal 14 al 16 marzo nella versione firmata da Pier Luigi Pizzi che vede protagonista Mariangela D’Abbraccio. Alla fine degli anni '30 del secolo scorso, la storia racconta le vicende della famiglia Wingfield, sogni, paure, sentimenti, rimorsi. Il potente testo tocca l'anima e ricorda cosa significhi inseguire la propria vocazione, un'opera attraversata da una nostalgia che risulta essere devastante con protagonista anime fragili che potrebbero facilmente ritrovarsi nella società contemporanea. FANOTEATRO volge al termine dall’11 al 13 aprile con Neri Marcorè nello spettacolo di teatro canzone diretto da Giorgio Gallione che fa rivivere sul palcoscenico La buona novella, album di Fabrizio De André pubblicato nel 1970. Di taglio esplicitamente teatrale, La buona novella è costruito quasi nella forma di un’opera da camera con partitura e testo composti per dar voce a molti personaggi, Maria, Giuseppe, Tito il ladrone, il coro delle madri, un falegname, il popolo. Ed è proprio da questa base che prende le mosse la versione teatrale.
Dal 14 al 23 settembre rinnovi abbonamenti con conferma turno e posto, dal 25 al 27 settembre rinnovi abbonamenti con possibilità di cambi turno e/o posto, dal 29 settembre al 9 ottobre nuovi abbonamenti. Vendita presso botteghino del teatro (0721 800750) dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17.30 alle 19.30 (comprese le domeniche), chiuso il 24 e 28 settembre.
Informazioni: Teatro della Fortuna (0721 830742), www.teatrodellafortuna.it, AMAT (071 2072439), www.amatmarche.net. Inizio spettacoli ore 21, domenica ore 17.
venerdì, sabato, domenica
25, 26, 27 OTTOBRE
DIN DON DOWN
con Paolo Ruffini e la Compagnia Mayor Von Frinzius
regia Lamberto Giannini
coordinamento artistico Rachele Casali
al pianoforte Claudia Campolongo
produzione Vera produzione
Dopo lo straordinario successo di UP&Down, in scena per oltre cinque anni nei teatri di tutta Italia, con più di 180 repliche e 120mila biglietti venduti, tornano sul palcoscenico Paolo Ruffini e gli attori della Compagnia Mayor Von Frinzius, con il nuovo e imperdibile spettacolo Din Don Down.
Un concentrato di spregiudicata ironia e brillante improvvisazione, in questa nuova edizione che punta a superare il trionfo della precedente.
Mentre con UP&Down si compiva un’indagine sull’amore, con Din Don Down si vogliono sfidare i confini del politicamente corretto e approcciarsi ad un nuovo grande concetto: quello d Dio, a prescindere dalle forme o le sembianze in cui ciascuno possa riconoscerlo.
La ricetta è sempre la stessa: un happening comico, senza regole, che sovverte il senso più profondo di ciò che ci ostiniamo a definire “normale”, che sorprende e incanta, tra comicità, disobbedienza e tenerezza.
In scena il carismatico Paolo Ruffini che resiste alle incursioni sfrenate degli attori con disabilità della Compagnia Mayor Von Frinzius, accompagnati dalle note di Claudia Campolongo al pianoforte.
PAOLO RUFFINI
Attore, regista, conduttore e autore poliedrico, dal carisma straordinario e dalla comicità irriverente. Sul grande schermo è tra i protagonisti in commedie e pellicole d’autore, dalla tradizione dei cinepanettoni, alla regia di successi che sbancano al botteghino. Trova poi il suo spazio in Tv nella conduzione di programmi cult da prima serata, come Colorado e La Pupa e il Secchione, e a teatro spazia dalla prosa ai format di varietà come UP&Down, dove è in scena con attori disabili.
È da sempre impegnato nel sociale e si definisce un “nerd” del cinema.
La sua grande forza risiede nella disobbedienza, propria dell’arte, che gli permette di coniugare il classico al pop, superando qualunque categoria. Molto seguito anche sui social network, dove conta oltre 3 milioni di follower.
COMPAGNIA MAYOR VON FRINZIUS
Compagnia teatrale livornese nata nel 1997, diretta da Lamberto Giannini. É composta da 97 attori, metà di essi sono persone con disabilità.
venerdì, sabato, domenica
22, 23, 24 NOVEMBRE
LES NUITS BARBARES
ou les premiers matins du monde
coreografia Hervé Koubi
assistente alla coreografia Fayçal Hamlat
musiche Wolfgang Amadeus Mozart, Gabriel Fauré
Richard Wagner, musica tradizionale algerina
con Compagnie Hervé Koubi
creazione musicale Maxime Bodson arrangiamenti Guillaume Gabriel
luci Lionel Buzonie
costumi e accessori Guillaume Gabriel
con l’assistenza di Claudine G-Delattre
coltelli Esteban Cedres
maschere gioiello realizzate con il sostegno e con i migliori cristalli Swarovski Elements
produzione Compagnie Hervé Koubi
coproduzione Cannes – Festival de Danse
Centre Chorégraphique National de La Rochelle – Poitou Charente – CieAccrorap
Centre Chorégraphique National de Creteil et du Val de Marne – Compagnie Käfig
Ballet de l'Opéra National du Rhin – Centre Chorégraphique National de Mulhouse
Théâtre de Vitré, Sémaphore – Scène conventionnée de Cébazat
La Papeterie d'Uzerche – Centre de Développement Chorégraphique en préfiguration
Centre Culturel Yves Furet – La Souterraine, Le Forum de Fréjus
con il supporto di Channel – Scène Nationale de Calais, Conservatoire de Calais
Domaine Départemental de l'étang des Aulnes – Département des Bouches du Rhône
Conservatoire de Musique et de Danse de Brive-la-Gaillarde
École Supérieure de Danse de Cannes – Rosella Hightower
CDEC – Studios actuels de la danse de Vallauris, Ville de Vallauris, MAC de Sallaumines
Hivernales d'Avignon – Centre de Développement Chorégraphique, Théâtre de Fossur-Mer
Théâtre la Colonne de Miramas, Pianock'tail de Bouguenais
Safran – Scène conventionnée d’Amiens, La Fabrique Mimont – Cannes
Les nuits barbares, ou les premiers matins du monde è un’opera dedicata al tema dell'origine della cultura mediterranea, un lavoro definito dalla stampa internazionale “spettacolare, sublime, e superlativo”. Con questo spettacolo, il coreografo franco-algerino Hervé Koubi ha concepito un gioiello che unisce la potenza ipnotica della parata da guerra e la precisione del balletto classico, portando agli occhi del pubblico ciò che di più affascinante c’è nell’incontro fra culture e religioni.
Hervé Koubi riscrive, con il linguaggio della danza, una storia millenaria portando sul palco la paura ancestrale dello straniero, dell’altro da sé, per rivelare infine la raffinatezza delle culture “barbare”.
Non lavorando sulla narrazione, ma sugli ambienti, sulla presenza della “carne” e la potenza delle immagini, la compagnia si trasforma da esercito di guerrieri a corpo di ballo o coro d’opera. I danzatori fanno vorticare le loro gonne come dervisci, brandendo lame e coltelli al suono della musica sacra di Mozart e Fauré, mescolata con ipnotiche melodie tradizionali algerine, dialogando con il patrimonio musicale e spirituale dell’occidente; la loro sensualità virile e la loro energia mozzafiato evocano un’umanità intera di barbari: Persiani, Celti, Greci, Vandali e Babilonesi, quasi delle apparizioni da tempi remoti e oscuri, che hanno influenzato quel grande crocevia di culture che è il Mediterraneo. Tutti questi elementi storici e culturali si mescolano, dal punto di vista stilistico, con il linguaggio della breakdance e dell’hip hop, reinventati in maniera spettacolare, in un mix di generi dalla qualità quasi spirituale.
Hervé Koubi solleva le ombre dalle notti barbare per mostrare l'alba di una cultura condivisa, in un'esplorazione potente e carismatica della storia del Mediterraneo.
Afferma Koubi: «Ho passato cinque anni fra l’Algeria e la Francia, da una parte all’altra del Mediterraneo e mentre tentavo di ritrovare la memoria delle terre dei miei antenati, in Algeria, ho formato una compagnia di tredici danzatori, compagni d’arte che amo chiamare fratelli ritrovati, testimoni di una storia perduta, e con loro sono ripartito per disegnare i contorni di una nuova avventura, per trovare le risposte al mistero delle nostre, comuni, origini. Les nuits barbares ou les premiers matins du monde attinge all’immensa e imprescindibile storia del bacino del mediterraneo, un cammino che testimonia la mia voglia di andare verso l’altro, verso l’ignoto e dal passato arrivare ad oggi, a questa attualità che è tirannica e binaria e cancella le sfumature: noi e gli altri, i civilizzati e i barbari. L’altro, lo straniero, fa e ha sempre fatto paura, una paura ingigantita dall’ignoranza e dalla frustrazione. Questa ancestrale paura dello straniero è l’oggetto della mia ricerca, un viaggio per svelare tutto il sommerso, l’incredibile ricchezza e raffinatezza delle culture barbare e forse per mettere in discussione qualche pregiudizio ben radicato nelle nostre menti abituate a leggere il destino dell’umanità attraverso gli occhi occidentali. Les nuits barbares si nutre delle brillanti tracce lasciate dalle culture vandale, dai Persiani, Goti, Celti, Unni, Arabo Musulmani, della musica sacra d’oriente e occidente. È un inno alla bellezza! Quella che, a dispetto delle guerre, scaturisce dall’unione e volta le spalle alle rivendicazioni identitarie, prendendo il meglio di ognuna e rendendo omaggio alla nostra storia. È un inno al Mediterraneo, alle nostre origini comuni che si incrociano nelle acque del Mare Nostrum. Alla nostra storia che dopo più di tremila anni testimonia un florilegio di culture la cui alterità ci unisce più di quanto ci allontani. Non importa se siamo algerini, spagnoli, italiani o francesi, siamo prima di tutto mediterranei, è questa la nostra appartenenza ed è più antica delle nazioni».
I frammenti wagneriani o quelli dai Requiem di Fauré e Mozart forniscono una gravità monumentale, un'idea di una messa solenne; il ritmo è dato dal deserto e dai suoi echi, dai suoi tamburi e dai suoi accenti ternari.
[Roger Salas, “El Pais”]
La giustapposizione di velocità e forme contrastanti è affascinante. E il virtuosismo è un tocco di magia teatrale.
[“New York Times”]
venerdì, sabato, domenica
13, 14, 15 DICEMBRE
CIARLATANI
testo e regia Pablo Remón
traduzione italiana Davide Carnevali da Los Farsantes
con Silvio Orlando
e con (in o.a.) Francesca Botti, Francesco Brandi, Blu Yoshimi
scene Roberto Crea luci Luigi Biondi costumi Ornella e Marina Campanale
aiuto regia Raquel Alarcón
produzione Cardellino
coproduzione Spoleto Festival dei Due Mondi, Teatro di Roma - Teatro Nazionale
si ringrazia per la collaborazione Premio David di Donatello e Piera Detassis
ciarlatani
1. agg. colloq. Chi finge ciò che non è o non sente.
2. n. e f. desus. Attore di teatro, specialmente di commedie.
1.-
Ciarlatani racconta la storia di due personaggi legati al mondo del cinema e del teatro.
Anna Velasco è un'attrice la cui carriera è in fase di stallo. Dopo aver recitato in piccole produzioni di opere classiche, ora lavora come insegnante di pilates e nei fine settimana fa teatro per bambini. Tra soap opera televisive e spettacoli alternativi, Anna è alla ricerca del grande personaggio che la farà finalmente trionfare.
Diego Fontana è un regista di successo di film commerciali che si sta imbarcando in una grande produzione: una serie da girare in tutto il mondo, con star internazionali. Un incidente lo porterà ad affrontare una crisi personale e a ripensare la sua carriera.
Questi due personaggi sono collegati dalla figura del padre di Anna, Eusebio Velasco, regista di culto degli anni '80, scomparso e isolato dal mondo.
2.-
Ciarlatani sono anche diverse opere in una: ognuno di questi racconti ha uno stile, un tono e una forma particolari.
Il racconto di Anna ha uno stile eminentemente cinematografico, con un narratore che ci guida, e in cui sogno e realtà si confondono. La storia di Diego è un'opera teatrale più classica, rappresentata in spazi più realistici. E infine c'è, a mo' di pausa o parentesi, un'autofiction in cui l'autore dell'opera a cui stiamo assistendo si difende dalle accuse di plagio.
Queste storie sono raccontate in parallelo, si alimentano a vicenda, sono specchi degli stessi temi.
L'insieme è costruito con capitoli in parte indipendenti, che formano una struttura più vicina al romanzo che al teatro. L'intenzione è che "Ciarlatani" sia una narrazione eminentemente teatrale, ma con un'aspirazione romanzesca e cinematografica.
3.-
Infine, Ciarlatani è una commedia in cui solo quattro attori viaggiano attraverso decine di personaggi, spazi e tempi. Una satira sul mondo del teatro e dell'audiovisivo, ma anche una riflessione sul successo, sul fallimento e sui ruoli che ricopriamo, dentro e fuori la finzione.
Pablo Remón
venerdì, sabato, domenica
3, 4, 5 GENNAIO
COSE CHE SO ESSERE VERE
(Things i know to be true)
di Andrew Bovell
con (in ordine alfabetico) Valerio Binasco, Giuliana De Sio
Giovanni Drago, Giordana Faggiano, Stefania Medri
regia Valerio Binasco
produzione Teatro Stabile Torino - Teatro Nazionale
Teatro Stabile Bolzano, Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale
Valerio Binasco e Giuliana De Sio sono i due principali protagonisti di un toccante, divertente e coraggioso dramma che ruota intorno alla storia di una famiglia e di un matrimonio, nel primo allestimento italiano del potente testo di Andrew Bovell, coprodotto dal Teatro Stabile di Torino, dal Teatro Stabile di Bolzano e dal Teatro Stabile del Veneto.
Quando Rosie torna rocambolescamente a casa dopo un breve viaggio in giro per l’Europa è certa di far parte di una famiglia solida, inossidabile: ma all’arrivo della giovane le crepe che silenziosamente si sono insinuante nei rapporti tra i familiari ribaltano ogni certezza. Una fotografia complessa e acuta dei meccanismi domestici e matrimoniali che muta continuamente punto di vista, attraverso gli occhi di quattro fratelli che lottano per definire se stessi al di là dell’amore e delle aspettative dei genitori. Bovell (1962), scrittore e drammaturgo australiano pluripremiato, autore di numerosi testi tra cui Speaking in Tongues di cui ha curato l’adattamento cinematografico dal titolo Lantana, e di When the Rain Stops Falling, affronta in questo dramma la perdita di fiducia e il potere del passato di plasmare il futuro.
venerdì, sabato, domenica
17, 18, 19 GENNAIO
TRAPPOLA PER TOPI
di Agatha Christie
traduzione e adattamento Edoardo Erba
con Ettore Bassi
regia Giorgio Gallione
e con Claudia Campagnola, Dario Merlini, Stefano Annoni
Maria Lauria, Marco Casazza, Tommaso Cardarelli, Raffaella Anzalone
scene Luigi Ferrigno
costumi Francesca Marsella
musiche Paolo Silvestri
luci Antonio Molinaro
produzione La Pirandelliana
Il 25 novembre 1952 all’Ambassadors Theatre di Londra andava in scena per la prima volta Trappola per topi di Agatha Christie. Da allora, per 70 anni ininterrottamente, il sipario si è alzato su questa commedia “gialla” senza tempo e di straordinaria efficacia scenica. Ed ora tocca a noi… Non è consueto per me, spesso regista drammaturgo in proprio, misurarmi con un classico della letteratura teatrale. Certo da interpretare, ma da servire e rispettare. Ma non ho avuto dubbi ad accettare. Perché Trappola per topi ha un plot ferreo ed incalzante, è impregnata di suspense ed ironia, ed è abitata da personaggi che non sono mai solo silhouette o stereotipi di genere, ma creature bizzarre ed ambigue il giusto per stimolare e permettere una messa in scena non polverosa o di cliché. In fondo è questo che cerco nel mio lavoro: un mix di rigore ed eccentricità. D’altronde, dice il poeta, il dovere di tramandare non deve censurare il piacere di interpretare. Altra considerazione: nonostante l’ambientazione d’epoca e tipicamente British, il racconto e la trama possono essere vissuti come contemporanei, senza obbligatoriamente appoggiarsi sul già visto, un po’ calligrafico o di maniera, fatto spesso di boiserie, kilt, pipe e tè. Stereotipi della Gran Bretagna non lontani dalla semplicistica visione dell’Italia pizza e mandolino. Credo che i personaggi di Trappola nascano ovviamente nella loro epoca, ma siano vivi e rappresentabili oggi, perché i conflitti, le ferite esistenziali, i segreti che ognuno di loro esplicita o nasconde sono quelli dell’uomo contemporaneo, dell’io diviso, della pazzia inconsapevole. E credo riusciremo a dimostrarlo grazie alla potenza senza tempo di Agatha Christie, ma anche e soprattutto con il talento e l’adesione di una compagnia di artisti che gioca seriamente con un’opera “chiusa” e precisa come una filigrana, che però lascia spazio all’invenzione e alla sorpresa, una promessa di imprevedibilità e insieme di esattezza. E poi c’è la neve, la tormenta, l’incubo dell’isolamento e della bivalenza, il sospetto e la consapevolezza che il confine tra vittima e carnefice può essere superato in qualsiasi momento. Ingredienti succosi ed intriganti che spero intrappoleranno il pubblico.
Giorgio Gallione
venerdì, sabato, domenica
14, 15, 16 FEBBRAIO
LA STRANA COPPIA
di Neil Simon
con Gianluca Guidi, Giampiero Ingrassia
regia Gianluca Guidi
produzione Virginy Film, L’Isola Trovata
La strana coppia è una commedia singolarissima e particolarmente attuale, un esempio di come Neil Simon, il più geniale e prolifico autore del teatro comico della seconda metà del ‘900, riesca sempre a trovare quel pizzico di simpatica follia nella vita di tutti i giorni. Si narra la difficile e complicata convivenza tra due uomini dalle personalità diametralmente opposte. I due personaggi, Felix ed Oscar, accomunati da un divorzio alle spalle, decidono di andare a vivere insieme in un appartamento situato in uno dei tanti grattacieli sulla Riverside Drive, a New York. Questo incontro-scontro quotidiano darà vita a continue ed esilaranti gags garantendo sicuro divertimento nella nuova versione teatrale proposta ed interpretata dalla “inedita” coppia Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia. A Oscar che gli propone di continuare a vedersi insieme agli altri amici per il solito pokerino, malgrado le ultime clamorose litigate, Felix risponde di non aver chiuso affatto con il poker, perché i matrimoni vanno e vengono, ma la partita è come lo show, deve continuare. Succede nel finale di questa strepitosa commedia di Neil Simon. I due si salutano con un lapsus che più freudiano non si può, si chiamano con i nomi delle rispettive mogli dalle quali hanno divorziato da tempo o stanno per divorziare.
venerdì, sabato, domenica
14, 15, 16 MARZO
LO ZOO DI VETRO
di Tennessee Williams
traduzione Gerardo Guerrieri
con Mariangela D’Abbraccio
regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
e con Gabriele Anagni, Elisabetta Mirra, Pavel Zelinskiy
musiche originali composte da Stefano Mainetti
ligth designer Pietro Sperduti
produzione Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale, Best Live
Capolavoro assoluto della drammaturgia americana firmata Tennesse Williams. Siamo alla fine degli anni '30 del secolo scorso e la storia racconta le vicende della famiglia Wingfield composta dalla madre Amanda e dai suoi due figli, Tom e Laura, ragazza timida e claudicante. Abbandonata dal marito, Amanda deve affrontare le difficoltà, i timori e le ansie che le derivano dal desiderio di assicurare un futuro sereno ai suoi figli con un comportamento che oscilla tra il tenero e l'eccessivo. Laura, resa zoppa da una malattia e pertanto introversa e chiusa è come intrappolata in un suo mondo di illusioni e passa tutto il suo tempo ad ascoltare vecchi dischi, leggere romanzi e soprattutto accudire una collezione di animaletti di vetro.
Tom lavora in una fabbrica di scarpe per mantenere Laura e Amanda, ma la vita noiosa e banale che conduce (nonché la morbosa presenza della madre) lo rende irascibile. Il ragazzo tenta senza successo di diventare un poeta, e cerca conforto recandosi al cinema a tutte le ore della notte per vivere delle avventure almeno con la fantasia. Questo scatena l'ansia di Amanda, che teme suo figlio sia un alcolizzato come il padre.
Cambiano a volte i ruoli ed è un madre ad avere certe pretese ma non cambiano i desideri, ben diversi e non ricambiati.
Sogni, paure, sentimenti, rimorsi, oppressione, illusioni, è un testo che tocca l'anima e ci ricorda cosa significhi inseguire la propria vocazione.
Un'opera attraversata da una nostalgia che risulta essere devastante con protagonista anime fragili che potrebbero facilmente ritrovarsi nella nostra società.
I personaggi di questa storia familiare li vedremo muoversi intrappolati nel loro simbolico zoo di vetro, che diventa anche nostro, arrivandoci come un’onda dal profondo delle nostre anime, ma i loro sentimenti e le loro parole ci attraverseranno il cuore.
venerdì, sabato, domenica
11, 12, 13 APRILE
LA BUONA NOVELLA
di Fabrizio De André
con Neri Marcorè
musiche Fabrizio De André
Gian Piero Reverberi, Corrado Castellari
drammaturgia e regia Giorgio Gallione
arrangiamenti e direzione musicale Paolo Silvestri
con Rosanna Naddeo
voce e chitarra Giua
voce, chitarra e percussioni Barbara Casini
violino e voce Anais Drago
pianoforte Francesco Negri
voce e fisarmonica Alessandra Abbondanza
scene Marcello Chiarenza
costumi Francesca Marsella
luci Aldo Mantovani
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Carcano
Fondazione Teatro della Toscana, Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova
La buona novella è uno spettacolo pensato come una sorta di Sacra Rappresentazione contemporanea che alterna e intreccia le canzoni di Fabrizio de André con i brani narrativi tratti dai Vangeli apocrifi cui lo stesso autore si è ispirato: dal protovangelo di Giacomo al Vangelo dell’Infanzia Armeno a frammenti dello Pseudo-Matteo.
Prosa e musica, perciò, montati in una partitura coerente al percorso tracciato dall’autore nel disco del 1970. I brani parlati, come in un racconto arcaico, sottolineano la forza evocativa e il valore delle canzoni originali, svelandone la fonte mitica e letteraria.
Di taglio esplicitamente teatrale, costruita quasi nella forma di un’opera da camera La Buona Novella è il primo concept-album dell’autore, con partitura e testo composti per dar voce a molti personaggi: Maria, Giuseppe, Tito il ladrone, il coro delle madri, un falegname, il popolo. Ed è proprio da questa base che prende le mosse la versione teatrale.
«Compito di un artista credo sia quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone». Questa dichiarazione di De André è emblematica di come l’autore si sia posto, in tempi di piena rivolta studentesca, nei confronti di un tema così delicato e dibattuto dal punto di vista politico e spirituale.
Con La buona novella De André lavora certo a un’umanizzazione dei personaggi, ma questa traduzione cantata dai temi degli Apocrifi è fatta con grande rispetto etico e religioso. La valenza “rivoluzionaria” della riscrittura sta più nella decisione di un laico di affrontare un tema così anomalo per qui tempi che nei contenuti o nel taglio ideologico. Solo a tratti nel racconto appare l’attualizzazione; più spesso le ricche e variegate suggestioni immaginifiche, fantastiche e simboliche degli Apocrifi sono ricondotte a una purezza quasi canonica, e talvolta traspare la sensazione che esista, anche per l’autore, la sconvolgente possibilità che in Gesù umanità e divinità abbiano convissuto.
Traspare così un percorso parallelo nella interpretazione di De André, da una parte una innata tendenza a mettere in discussione tutto ciò che appare codificato, dogmatico o tradizionale, dall’altro una sensibilità che gli fa preferire tra le molte versioni degli Apocrifi sempre la scelta più nobile, matura e ricca umanamente, alla ricerca di un racconto forse meno sacro, ma sempre profondamente morale.
La drammaturgia aggiunta, recitata in gran parte da Neri Marcorè racconta l’antefatto de L’infanzia di Maria, svelandone la nascita ‘miracolosa’, e riempie il vuoto che va dall’infanzia del Cristo alla Crocifissione. Così 30 anni di vita di Gesù sono sintetizzati in un lungo racconto che ci svela un Cristo bambino anche stizzoso, impulsivo, che si serve dei suoi poteri talvolta per esibizionismo, sia quando accusato resuscita, per poi fa tornar morto, un bimbo caduto da una terrazza per farlo testimoniare a sua discolpa, sia quando in un passo di grande qualità poetica, guida i suoi compagni di gioco in una visionaria cavalcata sui raggi del Sole.
Un’elaborazione drammaturgica, perciò, che in qualche modo completa il racconto di De André, trasformando La buona novella non solo in un concerto, ma in uno spettacolo originale, recitato, agito e cantato da una compagnia di attori, cantanti e musicisti che penseranno l’opera di De André come un ricchissimo patrimonio che può comunque ben resistere, come ogni capolavoro, anche all’assenza dell’impareggiabile interpretazione del suo creatore.
Perché riproporre La buona novella? Perché, per i tempi in cui è stata scritta, si è trattato di un discorso, a parer mio rivoluzionario. E questo per due motivi: ho preso spunto dagli Evangelisti Apocrifi armeni, arabi, bizantini, comunque uomini, scrittori non appartenenti alla confessione di Cristo, insomma non il suo ufficio stampa. Ne è derivata una desacralizzazione dei personaggi del Vangelo, a vantaggio, credo, di una loro maggiore umanizzazione. Ma quando scrissi La buona novella (1969) eravamo in piena rivolta studentesca e ai meno attenti, vale a dire la maggioranza dei fruitori di musica popolare, il disco apparve come anacronistico. Ma cosa andava predicando Gesù di Nazareth se non l’abolizione delle classi sociali, dell’autoritarismo, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali? È un po’ come se io mi fossi rivolto ai miei coetanei che si battevano contro smisurati abusi di potere e di autorità e avessi detto loro: Guardate che lo stesso tipo di lotta l’ha già sostenuta un grande rivoluzionario 1969 anni fa e tutti sappiamo come è andata a finire.
Perché, a parer mio (di allora come di oggi) la lotta contro l’autorità, il potere e i suoi abusi, va combattuta ogni giorno individualmente: certo, ci sono momenti e casi eccezionali in cui è meglio lottare insieme, ma questo insieme deve essere una somma di individualità, non un branco di pecore che lotta in dome di un’ideologia astratta e che si ponga come obiettivo quello di rimpiazzare attraverso l’imposizione dei suoi dogmi lo stesso potere contro cui lotta, nella logica di “leva il culo tu che ce lo metto io”.
Ora compito di un artista credo sia anche quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone. Io osservando la lotta studentesca e le sue istanze, quelle giuste e sensate, ho parlato di un’altra lotta sostenuta da un uomo 2000 anni prima che aveva obiettivi analoghi.
[…] Il culmine etico della Buona novella sta nel Testamento di Tito. Il ladrone buono confuta, uno per uno, tutti e dieci i comandamenti mettendo in evidenza la contraddizione tra le leggi emanate dalle classi al potere per proprio comodo, e le difficoltà di attenervisi da parte di chi il potere lo deve solo subire, e osserva quelle leggi, quando le osserva, solo per scongiurare la minaccio della repressione. La buona novella, a parere mio fu allora un album, un discorso assolutamente moderno e per certi aspetti lo è ancora oggi.
Fabrizio De André
[“la Repubblica”, 14 marzo 1999]
Dalle note di Giorgio Gallione:
Con Neri Marcorè abbiamo scandagliato per anni il teatro canzone di Gaber, e già ci confrontammo con i materiali di Faber in un altro spettacolo, Quello che non ho, che intrecciava i pensieri e le canzoni di De André con gli scritti di Pasolini. Arrivare a La buona novella ci sembrava inevitabile. Qui ci appoggiamo inoltre ad un nuovo, efficacissimo arrangiamento di Paolo Silvestri, talentato, perenne compagno di avventure, e ad un ensemble di cantanti fortemente virato al femminile. Come a dire che La buona novella tratta certo della Passione di Cristo (per De André il più grande rivoluzionario di tutti i tempi), ma la racconta anche e sorprendentemente dalla parte di Maria, madre bambina inconsapevole e prescelta prima, straziata e piangente mater dolorosa poi. Quando Fabrizio la fa quasi imprecare sotto la croce “non fossi stato figlio di Dio, ti avrei ancora per figlio mio”, esplode tutta la tragicità del suo personaggio, amplificata e resa esplicita quando è cantata da una voce femminile e non solo evocata da un narratore. La teatralità, molto vicina ad una Sacra Rappresentazione arcaica e laica, l’abbiamo ricercata anche nell’impianto scenico, magicamente suggestivo, creato da Marcello Chiarenza. Una sorta di installazione mobile che rimanda simbolicamente a luoghi e sentimenti, reinterpretandoli poeticamente quasi in forma allegorica.
Note agli arrangiamenti di Paolo Silvestri:
L’idea più importante per la realizzazione degli arrangiamenti musicali di questa nostra versione de “La Buona Novella” di De André è stata la scelta della formazione, tenendo presente che si tratta di uno spettacolo teatrale e non di un disco. Neri Marcorè ha una voce che si muove su una tessitura molto simile a quella di De André, al quale assomiglia timbricamente. Quindi in molti casi le tonalità utilizzate rispecchiano quelle originali. Ma in scena ci sono anche cinque donne che cantano, e volutamente non è un coro di voci omogenee. Ognuna di loro ha caratteristiche vocali e culturali diverse. Rosanna Naddeo è la protagonista femminile ed è un’attrice che canta, Giua è una cantautrice che si accompagna con la chitarra e le percussioni, Barbara Casini è una cantante specializzata nella musica brasiliana, percussionista e chitarrista, Alessandra Abbondanza è una cantante jazz e soul che suona la fisarmonica e il basso, e Anais Drago è una violinista virtuosa con un’impostazione sia classica che jazz e inoltre canta. E questo quintetto femminile così particolare è accompagnato da Francesco Negri che è un pianista jazz, ma con spiccati interessi verso altri generi musicali. A ciascuno di loro però viene chiesto di fare una musica diversa da quella che fa abitualmente e le varie caratteristiche diventano solo dei colori musicali che si incontrano e si fondono. E questo assieme un po’ inusuale è l’identità musicale dello spettacolo. Sulle mie partiture non ci sono i nomi degli strumenti, ma i nomi delle persone, con parti scritte appositamente per le specifiche qualità vocali e strumentali. Pur rispettando le versioni originali ogni canzone ha subito delle modifiche ritmiche, o armoniche senza mai cambiare la melodia, e la centralità degli arrangiamenti è quasi sempre il coro femminile presente in ogni brano. La caratteristica del violino è il continuo trasformismo. A volte è classico, virtuosistico o lirico, a volte popolare o addirittura etnico, altre modernissimo con l’ausilio di effetti elettronici. Il pianoforte sostituisce spesso ciò che nell’originale è la chitarra, ma con una funzione più orchestrale specialmente nei brani d’assieme, in qualche caso in maniera simile ad un’opera lirica, e in altri invece come in uno spettacolo di strada.
Note di Neri Marcorè:
Quando avevo più o meno 13 anni, una mia zia molto appassionata di De André mi regalò il vinile de “La Buona Novella”. Confesso che dopo averlo ascoltato un paio di volte finì nelle retrovie perché a quel tempo non fui conquistato né dalla musica né dai testi che componevano quello che può essere considerato uno dei primi, se non addirittura il primo, concept album della discografia italiana. Forse non era l’approccio più indicato, soprattutto a quell’età, per iniziare a scalare metaforicamente quella montagna che Faber, come lo chiamava il suo amico Villaggio, rappresenta ancora oggi. Tempo dopo cominciai ad apprezzare le sue canzoni grazie al doppio live suonato con la Pfm (al primo ascolto di un pezzo mi colpisce sempre più l’arrangiamento musicale, tra armonia e melodia; solo in un secondo momento pongo attenzione al testo) e da lì mi venne naturale esplorare la sua produzione fino ad allora e continuare a seguirlo nei dischi successivi, appassionandomi al suo sguardo originale sul mondo, alla cura delle parole, a quella voce profonda al cui registro, col passare degli anni, ho finito curiosamente per aderire. Al punto che circa dieci anni fa ho cominciato a eseguire parte del suo repertorio in concerti dal vivo, con la difficoltà di dover limitare la scaletta a una ventina di pezzi. Con Giorgio Gallione, il regista al quale sono legato da una collaborazione ormai ventennale, dopo aver messo in scena Gaber e molti altri autori, decidemmo di intrecciare le canzoni, le riflessioni di De André con le invettive e il pensiero di Pasolini, nello spettacolo Quello che non ho. L’impatto fu folgorante, tant’è che il cerchio immaginario non poteva che essere chiuso con una rappresentazione su De André o, per meglio dire, attraverso De André.
La buona novella infatti è un’opera polifonica che mediante metafora e allegoria parla dell’arroganza del potere, il quale mal digerisce gli uomini troppo liberi di pensiero, intralcio per l’esercizio del potere stesso, sia esso famigliare, religioso o politico. La spiritualità, intrinseca nel momento in cui si parla di Gesù e della Madonna, è però qui contemplata nella sua dimensione terrena, laddove “il più grande rivoluzionario della Storia” resta prima di tutto un uomo, con una fisicità che non lo rende diverso dai suoi simili. Eppure, nonostante i suoi limiti, ogni essere umano può compiere imprese straordinarie e dar vita a nuovi corsi ogni volta che non si pone al primo posto ma si mette al servizio di un bene superiore, collettivo.
RINNOVO ABBONAMENTI
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settore C € 80
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settore C € 103
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BOTTEGHINO TEATRO DELLA FORTUNA
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Speciale Soci BCC Fano
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